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      Poiché dall'alto si vede bene ed è facile lasciar cadere qualche cosa, ecco la ricognizione ed il bombardamento; poiché danneggia l'essere riconosciuti e bombardati, ecco la caccia. Tutta l'azione dell'aviazione in guerra poggia su questo semplicismo istintivo, e non va più in là. Le opposte aviazioni riconoscono, bombardano e cacciano durante tutta la guerra. Chi ha la preponderanza nell'aria riconosce, bombarda e caccia più di chi si trova in inferiorità e l'aviazione, legata alle armi di superficie, non se ne distanzia e limita la sua azione nel campo di quelle armi ed al diretto servizio delle medesime. Non si comprende che questo legame vincola l'arma dell'aria, il cui campo d'azione è essenzialmente oltre quello delle armi di superficie, e non nasce l'idea che per farle dare tutto ciò che l'aviazione può dare quel legame va spezzato.
      Pur tuttavia e non ostante tutto, si fu costretti, dovunque, a riconoscere il grande valore dell'arma aerea. Che cosa non avrebbe potuto dare questa nuovissima arma nelle mani di qualcuno che l'avesse compresa!
      Dato ciò, che può dirci l'esperienza della passata guerra? Nulla. Anzi meno di nulla, perché può dirci solo che in essa l'aviazione venne impiegata senza alcun criterio, dato che nessun criterio sano può sorgere dall'impiego di un'arma che non si conosce e si lascia abbandonata a sé stessa.
      Perché durante la grande guerra l'aviazione venne impiegata empiricamente, senza criteri direttivi generali, dovremmo, per la futura guerra, preparare un'aviazione empiricamente, senza criteri direttivi generali?


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Il dominio dell'aria
di Giulio Douhet
De Alberti
1927 pagine 207