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      Gli abitanti del paese presero amorevole cura dei nostri feriti. La nostra perdita ammontò a quarantatre morti - gli altri quasi tutti feriti; ma le perdite del nemico furono assai gravi, più di cinquecento fra morti e feriti, e fra i morti diversi ufficiali superiori. Appena si seppe che la Campagna era libera dal nemico, sortimmo per raccogliere i corpi dei nostri fratelli per dar loro onorata sepoltura sul terreno ove caddero valorosamente, pugnando per tenere alto ed onorato il nome italiano. Una alta Croce colla modesta iscrizione: - trentasette italiani morti combattendo l'8 febbraio 1846 - indica il luogo ove quei valorosi riposano per sempre
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      A questa narrazione fatta da Garibaldi non manca di aggiungere che l'ordine del giorno col quale egli ringraziò i suoi legionari della vittoria riportata, e il decreto, con cui la Repubblica Orientale deliberava ai vincitori di Sant'Antonio imperitura onoranza.
      Ecco i due documenti:
     
      Salto 10 febbraio 1846.
     
      Fratelli,
     
      Avanti ieri ebbe luogo nei Campi di Santo Antonio, a una lega e mezzo da questa città, il più terribile ed il più glorioso combattimento. Le quattro compagnie della nostra Legione, e circa cinquanta uomini di cavalleria rifugiatisi sotto la nostra protezione, non solo si sono sostenuti contro mille e duecento uomini di Servando Gomez, ma hanno sbaragliato interamente la fanteria nemica che li assaltò in numero assai superiore. Il fuoco cominciò a mezzogiorno e durò fino a mezzanotte; non valsero al nemico le ripetute cariche delle sue masse di cavalleria, nè gli attacchi dei suoi fucilieri a piedi; senz'altro riparo che una casupola in rovina coperta di paglia, i legionari hanno respinto i ripetuti assalti del più accanito dei nemici; io e tutti gli ufficiali abbiamo fatto da soldati in quel giorno.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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