L'entusiasmo, il coraggio e la magnanimità dei cittadini risparmiò la vita ai miserabili mercenari che ardirono tirare sulla città e con le grida della vittoria e del perdono confuse quelle genti col rimorso di essersi battuti per la causa nefasta della tirannide.
Alla voce di Palermo e di Catania tutti i paesi della Sicilia risposero secondando il movimento rivoluzionario armando numerose bande pronte a combattere per la difesa della patria.
Ed ora toccava a Messina.
Ecco quel che scrivevano i delegati del Comitato di Messina a Ruggero Settimo presidente del Comitato Generale di Palermo.
Sia gloria ai prodi che combattono per la Sicilia.
Messina attende lo avviso da Palermo. Se deve perire morrà; ma con le armi alla mano e con il voto dell'indipendenza nel cuore.
Sappiate intanto che la guarnigione è forte di 4000 soldati - 300 cannoni sono pronti a vomitare l'esterminio sulla città. Ma Messina sprezza il pericolo - ne facciano fede la brillante pugna del 1° settembre e la imponente dimostrazione del 6 gennaio. Messina quantunque si mostri disarmata è col fatto in rivoluzione - il suo aspetto è minaccioso, imponente; però Messina come al tempo dei Vespri desidera di gareggiare con Palermo solo nella virtù. Se per la causa comune vuolsi il sacrificio di lei essa è pronta a patirlo e ardimentosa si getterà nella voragine. Quantunque i prodi del settembre siano profughi, altri figli ella ha pronti al cimento; quantunque fu disarmata pugnerà con le mani. Se l'attuale stato minaccioso della città, i fatti già consumati, e la diversione dei 4,000 soldati bastano per aiuto alla causa comune, essa starà pronta e minacciosa; se altro vuolsi da lei, si dica.
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