L'annunzio della sollevazione di Palermo e di Messina venne a precipitarla; la lotta era già incominciata; in Italia si combatteva e si moriva per la libertà; il posto suo e della legione era indicato.
Una pubblica sottoscrizione venne aperta fra gli italiani in favore della spedizione comandata da Garibaldi. Un brigantino era stato noleggiato e si stava apprestando per la partenza. Invano il Governo di Montevideo, conscio della perdita che stava per fare, tentava trattenere con preghiere, con lusinghe Garibaldi ormai impaziente; invano gli stranieri stessi che vedevano nel generale una delle più sicure garanzie dello Stato e dei loro interessi, si associavano al Governo nel sforzarlo a ritardarne quanto più poteva la partenza; ma Garibaldi non si sentiva più padrone della sua volontà, e le insistenze e gli indugi lo inasprivano e lo si sentiva pieno di amarezza dire "duolmi che arriveremo gli ultimi e quando tutto sarà finito".
Però egli stesso capiva che per ottenere la riuscita della impresa era necessario precisarne la meta, avvertire gli amici e prepararle in Italia il terreno.
Poco dopo la giornata del Salto era sbarcato a Montevideo e si era arruolato nella legione Giacomo Medici. Era un giovane bello di forme, intrepido di cuore, affabile di modi; e Garibaldi, intuendo nel Medici un valoroso che avrebbe immortalato il suo nome, l'ebbe subito assai caro e ripose in lui tutta la sua fiducia. Garibaldi pensò subito di mandarlo in Italia quale foriero e preparatore della divisata spedizione e lo muniva delle seguenti
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