Riordinata la legione, alla quale i Nizzardi avevano recato un primo rinforzo, il 28 giugno di mattina salpa con circa duecento volontari ben armati ed equipaggiati, ed arriva a Genova nel pomeriggio del 29, accolto dai Genovesi coll'entusiasmo di popolo con cui era stato acclamato a Nizza, e ricevuto dalle autorità con ogni dimostrazione d'onore.
Per debito di cortesia prima di partire da Genova dovette accettare l'invito fattogli d'intervenire ad un'adunanza del Circolo Nazionale; fu obbligato dopo avere uditi diversi discorsi a pronunziarne uno egli stesso per esprimere il suo giudizio sulle cose della guerra e sulle condizioni dell'esercito. Procurò di schermirsi, ma dovette cedere alle vive insistenze e con parola misurata e con molta franchezza si espresse così:
Voi sapete che io non fui mai partigiano dei Re. Ma poichè Carlo Alberto si è fatto il difensore della causa popolare e muove guerra allo straniero per l'indipendenza nazionale, io ho creduto dovergli recare il mio concorso e quello dei miei camerati.
Il maggiore pericolo che ci sovrasta è quello che la guerra si prolunghi e non sia terminata quest'anno. Noi dobbiamo fare ogni sforzo perchè gli Austriaci sieno presto cacciati dal suolo italiano e non si abbia a sostenere una guerra di due o tre anni. Ora noi non possiamo ottenere questo intento se non siamo fortemente uniti. Si bandisca da noi la politica, non si aprano discussioni sulla forma di governo, non si ridestino i vecchi partiti. La grande, l'unica questione del momento è la cacciata dello straniero, è la guerra dell'indipendenza.
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