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      La mattina dell'11 s'impadronì nel porto d'Arona dei due piroscafi "S. Carlo" e "Verbano" v'imbarcò in essi e in alcuni navicelli a rimorchio, i millecinquecento uomini rimastigli; risalì il Lago Maggiore e sbarcò a Luino ove pose il suo campo.
      Era la prima delle sorprese con cui Garibaldi doveva far meravigliare popoli e governi.
      Già aveva deciso di non lasciare la terra Lombarda senza misurarsi con lo straniero. Egli mantenne il suo voto, nè l'occasione si fece attendere.
      Fin dalla mattina del 15 una colonna di Austriaci forte di duemila uomini era partita da Varese coll'intenzione di attaccare i legionari italiani. Garibaldi era ammalato nell'albergo della Reccaccia posto a piccola distanza da Luino sulla strada di Varese. Medici vegliava per lui. Barricata la strada al di là dell'albergo, collocati gli avamposti, spediti esploratori a scandagliare i dintorni, stava in guardia pronto alle armi. Non era scoccato il mezzogiorno che gli esploratori vennero ad annunciargli l'avanzarsi del nemico.
      Medici corse ad avvertire Garibaldi il quale, dimentico del male che lo tormentava, balzava dal letto, montava a cavallo, spiegava una parte della sua colonna sulla strada nei campi circostanti, appostava sulla sinistra il Medici col rimanente del corpo, lasciava, secondo il suo costume di guerra, avvicinare il nemico e, scambiati pochi colpi, lo caricava alla baionetta, prima di fronte, poi colla colonna del Medici di fianco. In poche ore di fiera lotta lo metteva allo sbaraglio, inseguendolo per lungo tratto di via e costringendolo a lasciare sul terreno, tra morti feriti e prigionieri, circa duecento uomini.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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