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      Concluse che la questione della forma di governo conveniva rimettere alla Costituente italiana".
      Masi, Filopanti, Agostini, Carlo Rusconi, Garibaldi parlarono in favore della repubblica. Vinciguerra esclamava essere tempo di finirla coi Papi, assentivano Gabussi e Savini. Bonaparte principe di Canino, dichiarava impossibile la conciliazione del papato con la libertà italiana; fu una discussione serrata, efficace, eloquente. Infine respinta ogni altra proposta fu messo ai voti il memorando decreto.
     
      Art. 1. Il papato è decaduto di fatto e di diritto dal governo temporale dello Stato romano.
      Art. 2. Il Pontefice romano avrà tutte le guarentigie necessarie per la indipendenza nell'esercizio della sua potestà spirituale.
      Art. 3. La forma di governo dello Stato romano sarà la democrazia pura, e prenderà il glorioso nome di Repubblica romana.
      Art. 4. La repubblica romana avrà col resto d'Italia le relazioni, che esige la nazionalità comune.
     
      I votanti furono Centoquarantatre; centoventi risposero Sì; nove risposero No; quattordici approvarono commentando un articolo.
      La folla immensa di popolo alla notizia proruppe in un urlo immane di gioia e di plauso.
      Roma in quel momento aveva affermato il diritto del popolo italiano.
      Essa parve, e fu più grande della Roma dei Cesari!
      E il manifesto, che la Costituente romana diresse a tutti i popoli lo prova.
      Ecco alcune parti più importanti di quel documento d'imperitura memoria:
     
      Italiani,
     
      Novello vi si presenta quel popolo, che era già il più grande della terra.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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