CAPITOLO XIII.
Spedizione contro l'Esercito Borbonico - Velletri.
L'esercito romano tra il 1° e il 16 di maggio s'era venuto via via ingrossando. Il battaglione Melara, prepotentemente catturato dall'Oudinot a Civitavecchia, veniva lasciato libero; i corpi distaccati nell'Ascolano erano rientrati; una Legione straniera si veniva organizzando; la Legione trentina ed una compagnia del 22° Reggimento, scappata dagli accantonamenti forzati della Spezia, erano riuscite a penetrare in Roma tra il 9 e il 10, e fuse insieme andavano a formare un altro battaglione di bersaglieri lombardi, che aggiunto al primo, sotto il comando del Manara promosso colonnello, prendeva corpo e nome di Reggimento. Finalmente venuta da Bologna, dopo 15 giorni di marcia, entrava dalla Porta del Popolo la Divisione Mezzacapo, forte di circa duemila uomini, preceduta da quella compagnia di studenti lombardi e toscani che formarono il nerbo dei futuri difensori del Vascello.
Sommate queste forze nuove a quelle gią esistenti al 30 aprile, si ha che Roma poteva disporre di circa diciottomila combattenti, non bastevoli certo a fare la guerra alla Santa Alleanza, accanitasi contro di lei, e neppure a vincere la Francia, ma, finchč durava l'armistizio, pił che sufficiente a cacciare dal territorio della Repubblica le truppe del Re di Napoli, e proteggere nel tempo stesso Roma da qualsiasi insidia.
Restava la scelta del Generale in capo. Chi meglio di Garibaldi meritava tale carica? Nessun altro poteva contrastargliela.
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