Il Bassi trovò il Roselli a Valmontone - gli fece l'ambasciata di cui era incaricato, usò di tutta la sua fervida eloquenza nel dipingere la situazione perigliosa dell'avanguardia; ma s'ebbe in risposta "dover prima aspettare che la truppa avesse consumato il rancio, poi si sarebbe mossa". Fortuna volle che alcuni corpi della seconda brigata, tra cui i bersaglieri Lombardi, accorressero da sè stessi al tuonar del cannone, onde Garibaldi man mano che arrivavano poteva condurli a riparare le file stremate dell'avanguardia.
Così entrarono in linea i Bersaglieri Lombardi, la Legione romana, un battaglione del secondo reggimento, e parte dell'artiglieria del Calandrelli, che, controbattendo gagliardamente le batterie del nemico, gli levarono la tentazione di ripigliare l'offensiva.
Ma tutto ciò a nulla approdava; i nostri non retrocedevano; i borbonici non avanzavano, ma restavano sempre forti e minacciosi, ed ogni istante che fuggiva andava a loro profitto; solo uno sforzo concorde di tutto l'esercito poteva assicurare e compiere la vittoria. Convinto di questo, Garibaldi mandò il capitano David, un animoso Bergamasco, tanto aitante della persona come caldo di parola, a sollecitare ancora una volta il soccorso dal Roselli.
E il David, divorata la via, trovò il generale in capo, che seguito da tutto il suo stato maggiore, alla testa di circa cinquemila uomini marciava alla volta di Velletri.
Il messaggio portato dal capitano David fece accelerare la marcia delle truppe. L'arrivo dei rinforzi diede modo a Garibaldi di tentare qualche mossa, che dalla tenuità delle forze gli era prima vietata.
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