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      Il combattimento di quel giorno sostenuto con slancio ammirevole, costò al piccolo battaglione oltre quaranta feriti gravemente, primi fra i quali il capitano Gollinelli, il tenente Ronchini, il Cattaneo, il Pietrasanta, il Silvagni, il Finzi.
      Il fatto d'armi meritò di essere messo all'ordine del giorno nel quale venne segnalato in modo speciale il battaglione degli studenti meritevole di grandi encomi.
     
      La mattina del 13 i francesi smascherarono tutte le loro batterie e con trenta bocche da fuoco batterono per sette giorni e sette notti i bastioni sesto e settimo, e la sera del 21 vi aprirono in tre punti la breccia; non restava più agli assedianti che di salirla; e difatti la notte del 21 al 22, taciturni, tentarono l'assalto; il battaglione del reggimento "Unione" che vi stava di guardia, si lasciò sorprendere e volse in fuga, e gli assalitori solleciti a trarre profitto dal panico, furono padroni, senza combattimento, delle mura di Roma.
      Presa la breccia, Mazzini propone che ne sia tentata la ripresa la notte stessa. Si mandò a chiamare Garibaldi, ma questi dichiarò ineseguibile l'impresa.
      Mazzini scrisse a Manara perchè persuadesse Garibaldi, ma questi non mutò divisamento.
      Disse essere suo convincimento che l'assalto notturno alla breccia, con truppe stanche, orbate dei loro migliori ufficiali, sarebbe inevitabilmente fallito - e che ormai la sola provvida e urgente risoluzione da prendersi era quella di riparare dietro una nuova linea, che egli aveva già ideato e proposto.
      Perduta la breccia, e la fiducia di conquistarla, ai Romani non restava fuori di Roma che il Vascello.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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