La marina mercantile Anconitana della quale era a capo Antonio Elia fece nella difesa del patrio suolo bravamente il suo dovere.
Era necessario pensare alla salvezza dei compromessi politici affinchè non cadessero nelle mani dei sbirri papalini e dei Croati.
Un bastimento anconitano, di cui era proprietario e comandante Mariano Scoponi, ottenne per solerte intromissione del patriotta Nicola Novelli, di poter inalberare bandiera inglese e su di esso dovevano prendere imbarco per essere trasportati a Corfù, quanti credevano di non essere sicuri in patria.
E difatti vi si imbarcarono tutti quelli, che si trovavano compromessi e che avevano a temere la vendetta del governo ristaurato e dello straniero. Antonio Elia aveva avuto un diverbio col priore del convento di S. Francesco di Paola.
Temendo la vendetta del prete che mai perdona, il figlio e gli amici lo pregarono caldamente, di prendere esso pure imbarco per l'estero. Ma egli rispondeva di avere la coscienza tranquilla, di nulla avere a temere, non volere quindi volontariamente abbandonare la patria e la famiglia, e restò.
La notte del 24 luglio 1849 la casa abitata dall'Elia, appartenente ai frati di S. Francesco di Paola ed attigua al loro convento, fu circondata da gendarmi papali, da soldati austriaci e da poliziotti. Si picchiò all'uscio di casa ed alla intimazione della forza fu aperto; venne eseguita una minuziosa perquisizione e nulla si rinvenne. Non era questo che volevasi dal barbaro austriaco e dai preti; era necessario dare un terribile esempio alla popolazione, applicando la legge stataria su uno dei capi del popolo.
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