Quest'avvenire sarà felice riposando la nostra politica sulla giustizia, sull'amore della libertà e della patria.
Il nostro paese, piccolo per territorio, acquistò credito nei consigli di Europa, perchè grande per le idee che esso ispira.
Questa condizione non è scevra di pericoli, giacchè mentre rispettiamo i trattati, non siamo insensibili al grido di dolore che da tante parti d'Italia si leva verso di noi.
Forti per la concordia, fidenti nel nostro buon diritto, aspettiamo prudenti e decisi i decreti della Provvidenza
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10 gennaio.
La Corona non potea dire di più: i gridi di dolore uditi dal Re Vittorio Emanuele, si cambiarono nelle genti italiane in grido di giubilo e di esultanza.
Il primo dardo era gettato e l'Austria non aveva tardato a raccoglierlo ordinando la marcia del 3° Corpo d'Armata di stazione a Vienna verso la Lombardia.
Questo provvedimento unito ad altri di concentrazioni di truppe ordinati dal Maresciallo Giulay sul Ticino e sul Lago Maggiore diede motivo alla stampa liberale, diretta dal Conte di Cavour, di dichiararsi provocati e di fare appello a tutto ciò che l'Italia aveva di valido e di nazionale - ed ai preparativi per la prossima campagna.
Mentre tutto nell'Alta Italia si apprestava alla guerra, in Toscana la dinastia di Lorena al 27 di aprile cessava di regnare. Una rivoluzione si compiva pacificamente, si formava un governo provvisorio, e il generale Ulloa prendeva il comando delle forze militari.
Il 20 di dicembre del 1858 il Conte di Cavour aveva chiamato in segreto convegno Garibaldi e gli comunicava in confidenza questo disegno: un'insurrezione era preparata nei ducati: verso il 1° di aprile Massa e Carrara inizierebbero il movimento; due bande di volontari irromperebbero contemporaneamente da Lerici e da Sarzana: Garibaldi doveva spalleggiare la rivolta e capitanarla.
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