Nello stesso tempo un battaglione di bersaglieri, dei migliori elementi della guardia Nazionale di Genova, si doveva organizzare in quella città, e sarebbe il primo nucleo delle forze popolari destinate a fiancheggiare colla rivoluzione l'esercito regolare.
Garibaldi applaudì alla proposta e diede senza restrizione la sua adesione; e lieto che ormai la guerra dell'indipendenza era davvero imminente, si ridusse di nuovo nella sua isola di Caprera.
Ma l'accalcarsi crescente dei volontari in Piemonte, consigliò il Conte di Cavour di pensare ad altro mezzo per potere più efficacemente trar profitto di Garibaldi. Infatti il 2 marzo 1859 il generale fu chiamato a Torino dal Re. Le parole di quel dialogo tra il Re Galantuomo e l'eroe popolare andarono perdute; ma il senso ne fu presto palese. Gli si volle dare una parte più diretta ed importante sul teatro della guerra.
Tornato Garibaldi a Genova, convocò i suoi più intimi, Medici, Sacchi, Bixio e diede loro quest'annunzio: "Ho veduto Vittorio Emanuele; credo che il giorno di ripigliare le armi non sia lontano; state pronti; io spero di poter fare ancora qualche cosa con voi"!
Fu deciso di ordinare tutta quella valorosa gioventù - che da ogni regione della penisola conveniva in Piemonte - in corpi speciali, che stessero a fianco dell'esercito, come rappresentanti dell'elemento popolare e rivoluzionario di Italia, disciplinati in ordinata milizia, ubbidienti al suo capo, e soggetta al Comando supremo.
Da questo concetto nacquero i Cacciatori delle Alpi.
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