Da Laveno, Gallarate, Besozzo, Ispra, Varese, accorsero festanti ad offrire al famoso Capitano l'opera loro, ad invocare una sua parola d'ordine per la lotta; ed a tutti l'eroe distribuiva parole d'incitamento e di coraggio.
All'inviato di Varese, che, a nome del suo generoso Podestà Carlo Carcano gli domandava istruzioni, rispondeva di suo pugno; "qualunque cosa facciate contro il nemico in pro' della santa causa italiana, sarà da me approvata, ed io vi sosterrò validamente".
La marcia da Sesto Calende a Varese non poteva essere fatta di fronte, perchè esposta ad essere pericolosamente molestata di fianco; oltre di che, prima d'inoltrarsi nel paese, importava assicurarsi sul Lago Maggiore un punto di sostegno, e impadronirsi di uno almeno dei piroscafi che il nemico vi teneva. Guidato da questi concetti ordinò il suo movimento così:
Bixio con un battaglione del suo reggimento doveva marciare per la strada lacuale di Sesto Calende; toccato Angera doveva staccare una compagnia per tentare di predare il piroscafo "Ticino" ivi ancorato: giunto ad Ispra sostare ed informarsi esattamente del presidio di Laveno, e di tutte le altre forze austriache sul Lago, dopo ciò convergere su Brebbia e spingersi fino a S. Andrea, borgo che cavalca la via Laveno-Varese ed ivi accamparsi gagliardamente.
Il capitano De Cristoforis doveva rimanere a Sesto con la sua compagnia, sorvegliare il passo del Ticino, e se gli capitava il destro impossessarsi di qualcuno dei vapori nemici, e sopratutto doveva guardare la strada Sesto-Gallarate attirandovi il nemico, trattenerlo quanto avesse potuto, e battere in ritirata su Varese se assalito da forze superiori.
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