Ma il nemico, numeroso assai, dalla forte posizione seminava la morte; a fianco di Turr, colpito da una palla alla gola cadeva il tenente Gradenigo; nel medesimo istante era colpito mortalmente il Bronzetti e, al sergente Gnocchi che lo sorreggeva, una palla gli traversava l'omero. Non era possibile più sostenersi e i nostri dovettero ripiegare.
Ma il Cosenz non si sconfortava; formata dalla prima compagnia e dai resti di altre che potè raccogliere una piccola colonna comandata dal tenente Martini, la spinse avanti per la via di mezzo, e sostenuta da un distaccamento guidato dal tenente Mancini per un sentiero di destra, e da altro simile affidato al tenente Logarbo che lo condusse a sinistra celato fra le boscaglie, riprendeva l'offensiva.
Giungeva in quel punto il generale Garibaldi coi bravi carabinieri genovesi e con altri valorosi; arrivavano pure in quel mentre tre compagnie del Medici, e dirette da Garibaldi stesso si spinsero ad un furioso attacco in aiuto del Cosenz; la lotta per alcun tempo fu accanita e micidiale, già il nemico balenava e cedeva terreno quando comparvero le prime avanguardie del Cialdini mandato in soccorso del Re; si poteva ben sperare di prendere fra due fuochi il nemico e distruggerlo, ma questo si affrettò a battere in ritirata lasciando i nostri padroni del campo di battaglia seminato di morti. Fu quella dei Tre Ponti una giornata ben calda; anche i garibaldini ebbero perdite gravi: centoventi feriti, fra i quali molti ufficiali e sott'ufficiali alla testa delle loro squadre; fra questi l'Elia del seguito del generale Garibaldi ed il Carbone dei carabinieri genovesi; più del quinto degli ufficiali che presero parte all'azione vi rimasero feriti.
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