3° Il battaglione Carini, cacciatori delle Alpi.
4° Il corpo delle squadre siciliane, comandate da La Masa.
Disposta in tal modo la colonna Garibaldi, fatti chiamare i suoi ufficiali superiori, i comandanti le compagnie, e i capi delle squadriglie parlň loro cosě: "Compagni! Due vie abbiamo avanti a noi: una č di ritirarci nell'interno dell'Isola facendo la piccola guerra per organizzarci; l'altra č di piombare su Palermo, entrarvi, accendervi la rivolta: sicuri che quest'ultima impresa darŕ per risultato la liberazione dell'intera Sicilia. "Decidete!" - A "Palermo", tutti gridarono. - "Ebbene, che ognuno faccia il suo dovere e domattina vi saremo!"
Alle 3 antimeridiane del 27 maggio - data memoranda - Garibaldi col resto dei suoi Mille comandati da Bixio, da Carini, da Cairoli, da Tuköry, da Menotti, da Mosto, da Nullo, da Canzio, da Dezza, da Cucchi sui quali sapeva di poter contare fino alla morte, spalleggiato fortemente dai Picciotti del La Masa e del Fuxa, come aveva predetto, si preparava ad assalire Porta Termini e da quella entrare in Palermo.
Era intendimento del generale di sorprendere la posizione del Ponte dell'Ammiraglio senza colpo ferire, ed in tal guisa piombare su Porta Termini, e di lŕ spingersi al palazzo Reale dove trovavasi il Lanza, comandante in capo delle forze borboniche, col suo quartier generale. Tuköry colla sua avanguardia procedeva in silenzio per precipitarsi d'improvviso sul nemico, ma i Picciotti, tosto che videro le prime case del sobborgo, quasi avessero giŕ in mano la cittŕ, non seppero frenarsi e presero a gridare Viva Garibaldi: Viva l'Italia; sparando delle schioppettate: cosě il piano di sorpresa andava fallito.
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