Verso la fine di settembre Garibaldi, presentendo che i napoletani, forti di oltre quarantamila uomini, rinchiusi a Capua avrebbero fatto un supremo sforzo per riconquistare Napoli al loro Re, aveva mandato fuori un caldo proclama chiamando i commilitoni a raccolta e chiedendo all'Italia nuovo aiuto d'uomini, pel compimento dei suoi voti di libertà e d'indipendenza.
Alla chiamata di Garibaldi volle rispondere anche l'Elia, che il Prodittatore Depretis aveva mandato a Bologna alle cure del professore Rizzoli; sebbene assai sofferente e impedito di parlare, pur'egli sentì il dovere di non mancare allo appello, tanto più che il tenente Lanari, superstite del battaglione Cattabeni, si offriva di accompagnarlo.
Quando il generale lo vide a Caserta lo accolse con gioia ed amore, rallegrandosi di vedere avverata la sua profezia del 15 maggio a Calatafimi "Coraggio, mio Elia, di queste ferite non si muore" che egli si compiacque di rammentare ai presenti del quartiere generale.
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Come Garibaldi aveva previsto i borbonici si preparavano ad una fiera, disperata riscossa.
Ma il generale dal canto suo non si faceva cogliere sprovvisto. - Egli si approntava a ricevere il nemico come si conveniva, e prendeva il partito il fronteggiarlo in tutti i punti, pei quali avrebbe potuto sfondare e marciare su Napoli.
A questo scopo dava le sue disposizioni.
Le posizioni dell'esercito garibaldino, cominciando dalla sua estrema destra, cioè da Maddaloni, descrivendo un semicerchio erano le seguenti:
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