alla risposta
Roma" seguì una detonazione che fu susseguita da altre; la scala venne abbandonata da coloro che la tenevano e i volontari che vi erano saliti, sbattendo violentemente contro il tufo, precipitarono nel fossato. Il tentativo era fallito e la colonna dovette ritirarsi a S. Lorenzo, ove prima del giorno faceva pur ritorno il colonnello Masi, essendogli fallito anche il tentativo dell'apertura della porta al nord della città.
L'audace tentativo non andava però perduto; il giorno seguente le autorità cittadine guidate dal conte Piccolomini, assecondate dal popolo orvietano tutto assembrato, si presentavano al legato del Papa monsignor Cerruti chiedendo si aprissero le porte alle truppe nazionali e si evitassero conflitti.
Il delegato, dopo breve indugio, accordava la resa e dava incarico per l'esecuzione alla rappresentanza comunale; così i cacciatori del Tevere entravano in Orvieto dalla parte della Rocca, mentre i papalini ne uscivano dalla porta Romana.
La sera del 17 settembre i cacciatori incolonnati prendevano la via di Bagnorea preceduti da ardita avanguardia comandata dal tenente marchese Mario Theodoli. Arrivata la colonna a Bagnorea dopo breve sosta, riprese la marcia per Cellino e Montefiascone; si sperava di arrivare al paese di sorpresa, ma a tre chilometri distanti alcuni uomini dell'avanguardia mandati avanti dal Theodoli ad esplorare, s'imbatterono in una pattuglia di gendarmi a cavallo; altri a piedi seguivano a distanza; gli uomini dell'avanscoperta aprirono il fuoco: i carabinieri a piedi che si trovavano a distanza si misero in fuga, quelli a cavallo che erano già sopra ai nostri furono fatti prigionieri.
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