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      Nella notte del 25 il comandante della flottiglia ordinava ad Elia di sbarcare tutto il materiale di guerra della sua cannoniera e di avvertire di non lasciare a bordo palle esplodenti; poichè dovevasi dar fuoco alla flottiglia e distruggerla.
      Elia ubbidì quanto allo sbarco del materiale, che poteva essere stato richiesto dal Generale come necessario alla difesa di Brescia, ma credette di non poter egualmente permettere si abbruciasse la sua cannoniera. Raccomandò ai marinari del "Torrione" di fare buona guardia e, coll'autorità che gli dava il suo grado superiore, ordinò ai comandanti delle altre cannoniere di non dare esecuzione ad alcun ordine, che potesse compromettere la salvezza del naviglio loro affidato. Fatto ciò egli si diresse alla residenza del Capo di Stato maggiore e, trovato il generale Fabrizi ed il colonnello Guastalla, chiese loro quali erano gli ordini per la flottiglia e saputili, domandò carta bianca, ripromettendosi d'impedire che essa cadesse in mano agli austriaci, senza che vi fosse bisogno d'incendiarla e di distruggerla. Sua intenzione era di adoperare il sistema, che ebbe a riuscirgli così bene a Marsala col "Lombardo" di aprire all'ultimo estremo i rubinetti alle macchine per farle affondare. Avuta tale facoltà, mantenne una attivissima sorveglianza per non essere sorpreso dal lato del lago, mentre il colonnello Bruzzesi prendeva le sue precauzioni dal lato di terra, e non essendo accaduto nulla di straordinario, la flottiglia fu salvata con soddisfazione grandissima del generale Garibaldi, che alla notizia avuta della sua distruzione era andato su tutte le furie.


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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