Questi accettò la delicata, quanto difficile missione e seppe riuscire a risparmiare alla patria una nuova umiliazione e danni non lievi.
La retrocessione dal Veneto si effettuò senza scosse e senza riserve, e la conclusione della pace pose termine ad ogni complicazione.
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Unita la Venezia all'Italia, Garibaldi pensava a sciogliere il suo voto a Roma. A tal fine raccomandava agli amici di non indugiarsi, e li incitava a fare i preparativi necessari.
A Firenze erasi costituito un comitato centrale che aveva per capi Cairoli, Crispi, Fabrizi, Guastalla ed altri, tutti animati dal vivo desiderio di dare all'Italia la sua Capitale naturale - Roma.
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CAPITOLO XXV.
Campagna dell'Agro-Romano
Montelibretti - Roma - Monterotondo - Mentana.
Dopo le guerre del 1859-1860 le condizioni morali dei liberali romani avevano subito una forte scossa.
I più non accettavano senza discussione la condotta passiva, rassegnata, che dal 1853 veniva loro raccomandata.
L'emigrazione resa più numerosa per i giovani che da Roma erano corsi ad arruolarsi sotto la bandiera dell'unità nazionale, faceva apertamente intendere essere giunto il momento per Roma di cambiare attitudine, e suo dovere di pronunciarsi energicamente per la sua liberazione dal giogo papale.
La vittoria degli alleati sui campi Lombardi - la disfatta dell'esercito ponteficio nelle Marche - la marcia trionfale di Garibaldi nel regno di Napoli - avevano a tal punto entusiasmato la gioventù liberale romana da volere senz'altro che si uscisse dall'inerzia, nella quale l'aveva fatta addormentare il Comitato nazionale.
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