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L'11 febbraio 1867, il ministro Ricasoli, disapprovato nella perpetua questione del diritto di riunione, aveva sciolto la Camera.
Convocata la nuova, questa non apparendo diversa da quella disciolta, il barone Ricasoli senza attendere alcun voto che lo giudicasse, rassegnava il potere, che veniva raccolto da Urbano Rattazzi.
Si sapeva del nuovo presidente del Consiglio le opinioni su Roma. Egli aveva censurato la convenzione di settembre, e s'era risolutamente opposto alla convenzione Lagrand Dumonceau.
Era pur noto che egli non intendeva fare alcuna concessione alla Chiesa se non quando fosse cessato il potere temporale dell'autorità ecclesiastica ed il governo italiano fosse insediato in Roma.
L'entrata al potere del Rattazzi fece nascere nel partito liberale italiano la speranza che con lui si sarebbe andati a Roma; e il partito d'azione si mise subito all'opera per accelerare l'evento.
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Da parte sua il generale Garibaldi inviava al Comitato insurrezionale di Terni il capitano Galliano e il tenente Perelli col mandato di armare quanti giovani fuorusciti romani avessero potuto raccogliere, e con questi, fatta insurrezione nello Stato Pontificio, gettarvi la prima favilla dell'incendio. I rappresentanti del partito d'azione nel Ternano conte Massarucci e Frattini, caldi patrioti e vecchi cospiratori, consentivano di dar mano all'impresa; e il 19 giugno il Galliano ed il Perelli raccolti ed armati centoquattro giovani arditi, tragittata la Nera marciavano per la Sabina.
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