La presenza del generale Garibaldi accompagnato da Fabrizi, da Menotti, da Canzio, da Mario, da Guerzoni e da altri, infonde nuovo ardire nei nostri; il generale ordina la carica alla baionetta - un urrà di gioia saluta il comando - e la carica fu generale, splendida pel risultato. Il nemico abbandona le posizioni, i nostri riacquistano le loro e si procede all'assalto di Villa Santucci, certi ormai della vittoria.
Ma vinti i papalini, altro nemico sconosciuto, fin allora rimasto invisibile, giungeva in quel punto, fresco di combattimento a rimpiazzare i vinti, venendo a fulminare di fianco con fuoco di fila mai interrotto i trafelati garibaldini.
Grandi masse nere si avanzavano intente ad impadronirsi dei dossi delle colline di sinistra coll'obiettivo evidente di tagliare la ritirata su Monterotondo. I bravi garibaldini sparavano le loro ultime cartucce; ma era fuoco sprecato, perchè le nostre palle non arrivavano neppure alla metà della lunga linea percorsa dal nuovo nemico.
La resistenza era ormai impossibile - e Garibaldi visto il pericolo di essere in breve avviluppati, ordinava la ritirata su Monterotondo, che fu eseguita sotto il continuo grandinare delle palle dei soldati dell'imperatore dei francesi.
Giunto a Monterotondo Garibaldi pensò di organizzare la difesa asserragliandone l'entrata. Ma mancavano del tutto le munizioni avendo i bravi garibaldini consumata fin l'ultima cartuccia; quale difesa era possibile?
I prodi difensori del governo teocratico portarono a Roma, trofeo di vittoria, i due cannoni di Monterotondo, non nostri ma del Papa: e fu una mistificazione!
| |
Garibaldi Fabrizi Menotti Canzio Mario Guerzoni Villa Santucci Monterotondo Garibaldi Monterotondo Monterotondo Garibaldi Roma Monterotondo Papa
|