Intanto Re Vittorio dava impulso al riordinamento della vita pubblica italiana, prendendo viva parte al rinnovamento della vita nazionale, conscio e compreso dei suoi doveri di cittadino e di Re. E come alto fosse in lui questo sentimento lo dimostrano le parole da lui profferite nel discorso della Corona il 20 novembre 1876:
Da 6 anni celebriamo in Roma la festa dell'unità nazionale. Dalla integrata unità avemmo frutti di gloria e prova di sapienza civile. Molto si è fatto, molto rimane a fare. Rimane l'opera che vuole maggiore pazienza e lavoro e maggiore concordia d'intento; quello di consolidare tutto l'edificio governativo, e dove occorre, correggerlo. A questo non si può riuscire che con una gara sincera di operosità e di costanza. Io vi addito la via e sono certo che anche in queste battaglie pel riscatto civile, la mia voce troverà risposta di nobili sacrifizi e di gloriose vittorie
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Il primo gennaio 1878, Vittorio Emanuele ricevette, senza dare il benchè minimo sospetto di sofferenza, le deputazioni del Parlamento, i grandi dignitari dello Stato e molte altre rappresentanze, ed a tutti ricambiò con volto lieto gli auguri pel nuovo anno.
Alla sera si recò al teatro Apollo; nel tornare a casa si lagnò d'un gran caldo e fece abbassare i cristalli della carrozza. Giunto nelle sue stanze volle che il primo cameriere aprisse le finestre; si fece portare dell'acqua ghiacciata ed accese un sigaro, si mise a fumare sul davanzale della finestra.
Il giorno 2 andò a Castel Porziano per iscuotersi "come egli disse" e ne ritornò verso il mezzogiorno, chè il malessere andava crescendo.
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