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      Garibaldi ne fu colpito più di ogni altro patriota perché lui non si aspettava dalla Francia quest'atto che umiliava l'Italia.
      Palermo si preparava in quei giorni a festeggiare la data della ricorrenza dei Vespri Siciliani, e, invitato a recarsi nell'Isola da lui tanto amata, acconsentiva a fare il faticoso viaggio sebbene sofferente di salute e sebbene sconsigliato dai figli e dagli amici.
     
     
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      Lasciata Caprera, sbarcava il 21 di gennaio a Napoli ricevuto con delirio da quella popolazione che non l'aveva più riveduto dopo il 1860. Sente il bisogno di un po' di riposo e va a passare giorni tranquilli per circa due mesi nella villa del sig. Maclean a Posillipo.
      Da Napoli si dirige in Calabria; riposa una notte a Catanzaro, segue poi il viaggio, parte in vettura, parte in ferrovia; pellegrinaggio per lui micidiale, accolto dovunque passa con vera frenesia; arrivato allo stretto, ricevuto a Reggio da quel popolo delirante, passa alla sua Messina che s'accalca per salutarlo, per toccarlo, per baciarlo come se fosse cosa santa, e il 28 marzo entra a Palermo. Non è possibile dire delle deliranti accoglienze di quella popolazione, essendo più facile immaginarle, che descriverle.
      A quel popolo, che freneticamente lo acclamava e voleva sentire la sua parola, diceva:
      Ricordati, o popolo valoroso, che dal Vaticano si mandavano benedizioni agli sgherri, che nel 1282 cacciasti con tanto eroismo.
      Forma quindi nel tuo seno, dove palpitano tanti cuori generosi, un'associazione Emancipatrice dell'intelligenza umana, la cui missione sia quella di combattere l'ignoranza e svegliare il libero pensiero


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Ricordi di un garibaldino dal 1847-48 al 1900
di Augusto Elia
Tipogr. del Genio Civile
1904 pagine 508

   





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