È notorio che perfino un ufficiale russo, il capitano d'artiglieria Zviaghin, membro di una Commissione del suo governo presso Menelik e che aveva studiato con molta diligenza e con la maggior benevolenza lo stato di guerra dell'esercito etiopico, aveva dovuto sentenziare, che questo esercito doveva forzatamente ritirarsi, prima che le riserve delle vettovaglie che gli uomini portavano con se fossero esaurite.
Si è voluto invece precipitare - con 14,000 uomini si è preteso di portare vittoria su 80 a 100,000 valorosi; tutta gente che aveva mostrato di sapersi battere; svelta nei movimenti, pratica di ogni palmo di terreno, avvezza per istinto agli accerchiamenti; e come doveva essere - si è andato incontro ad un immane disastro.
Colpa imperdonabile l'ebbe anche il governo. Presa la decisione di mandare al Comando generale il Baldissera, il governo aveva il dovere assoluto, imprescindibile, di subito informarne il Barattieri, ordinandogli contemporaneamente di mantenersi nella difensiva.
Il Barattieri invece d'accordo cogli altri generali Dabormida, Arimondi, Albertone, Ellena, decise di muoversi la notte del 29 febbraio da Sauria per marciare verso Adua - obiettivo l'occupazione della forte posizione costituita dal monte Semaiata e da monte Esciasciò.
L'ordine di marcia era il seguente:
Colonna destra, generale Dabormida - 2a brigata fanteria - battaglione di milizia mobile - Comando 2a brigata di batteria, colle batterie 5a 6a e 7a.
Colonna del centro, Arimondi - 1a brigata fanteria - 1a compagnia del 5° battaglione indigeni - batterie 8a e 11a.
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