Rotte, sgominate le tre brigate Albertone-Arimondi-Ellena, poste in fuga e lanciate alle loro calcagne arditi distaccamenti e grossi reparti di cavalleria galla, tutto il grosso dell'esercito abissino si rivolse dove ancora si combatteva con tanto eroismo da obbligare più volte forze assai superiori alla ritirata; e da quel momento la situazione della brigata Dabormida diveniva disperata. Bisognava prepararsi ad un'ultima e disperata difesa la gloriosa brigata si lancia contro il nemico su tre fronti. Il generale Dabormida a cavallo a capo scoperto e coll'elmo nella mano destra, si lancia avanti a tutti, il colonnello Airaghi lo segue con la sciabola in alto, eroicamente eccitando i suoi bravi alla pugna!
Un urlo tremendo! - e disperatamente le nostre truppe si precipitano sul nemico che non indietreggia, impedito a retrocedere dalla massa enorme che gli si accalca addosso e l'obbliga ad avanzare - ma la lotta a corpo a corpo è terribile - tanto è il furore dei nostri - tanta è la strage che seminano intorno a loro che la massa scioana ne è scossa, ondeggia ed è costretta a cedere terreno.
Lo spazio necessario per la ritirata è aperto - ma quanti prodi seminati per la via sanguinosa! Pel prode generale fu un momento ben triste quando rivoltosi al colonnello Airaghi gli disse "Airaghi bisogna iniziare la ritirata: tu la coprirai col tuo reggimento!" "Va bene generale" rispose il colonnello del 6° reggimento e si separarono per non vedersi mai più!
Dabormida si diresse all'imbocco dell'angusta valletta per dove dovevano sfilare le truppe in ritirata, e dava gli ordini opportuni; poi preoccupato della sua sinistra, insieme al capitano Bellavita suo aiutante di campo volle ascendere l'aspra altura ove ancora combattevano i battaglioni De Amicis e Rayneri.
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