Solo poté essere accertata la sorte del valoroso capitano, quando fu liberato dalla prigionia l'ultimo scaglione dei prigionieri di Menelik del quale faceva parte il tenente Fuso, unico ufficiale superstite della compagnia comandata dal Ciro Cesarini, del quale raccontava così l'eroica fine.
Il capitano Cesarini con la sua compagnia fu il primo ad attaccare il nemico e ne sostenne il fuoco per due ore di seguito.
Quando il generale Albertone - dopo accanito combattimento contro masse nemiche dieci volte superiori alle sue forze - minacciato di avvolgimento - si trovò costretto ad ordinare la ritirata - il capitano Cesarini col resto della sua compagnia e con quanti altri potè raccogliere, venne incaricato di proteggere la ritirata - Ed egli - dando esempio ai suoi che in pochi rimasti si serravano intorno a lui - non abbandonava un palmo di terreno e battendosi come un leone compiva fin all'ultimo eroicamente il suo dovere. Ferito ad un braccio continuò a combattere - ma una palla gli fracassò un ginocchio - la ferita era orribile - il sangue ne usciva a fiotti - gli spasimi dovevano essere atroci.
Io ed il furiere della compagnia volevamo prestargli soccorso - ma egli - visto che per lui era finita - ci pregò di non occuparci di lui - ordinava a me di prendere il comando della compagnia e di resistere fino all'ultimo.
Allora lo trasportammo in una specie di grotta che vi era lì(188) appresso - durante il tragitto perdette i sensi - lo adagiammo alla meglio e più non lo rivedemmo
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