Come una volta parte della nobiltà passò con la borghesia, così oggi parte della borghesia va con il proletariato, e segnatamente una parte degli ideologi borghesi, che si sono innalzati alla comprensione teorica dell'intero movimento storico.
Tra tutte le classi che oggi si contrappongono alla borghesia, solo il proletariato è una vera classe rivoluzionaria. Le altre classi vanno in rovina e tramontano con la grande industria; il proletariato ne è il prodotto più proprio.
I ceti medi, i piccoli industriali, il piccolo commerciante, l'artigiano, il contadino: tutti costoro combattono la borghesia per assicurarsi l'esistenza come ceti medi. Essi non sono quindi rivoluzionari, ma conservatori. Di più, essi sono reazionari, giacché tentano di riportare indietro la ruota della storia. Se sono rivoluzionari, lo sono in rapporto al loro prossimo passaggio al proletariato. In tal senso, essi non difendono i loro interessi attuali ma quelli futuri, e quindi abbandonano la posizione loro propria per incardinarsi in quella del proletariato.
Il sottoproletariato21, questa marcescenza passiva dei ceti infimi della vecchia società, viene in qualche caso trascinato da una rivoluzione proletaria, ma per tutta la sua esistenza sarà più incline a vendersi ai reazionari intriganti.
Le condizioni di vita della vecchia società sono già distrutte nelle condizioni di vita del proletariato. Il proletario è senza proprietà; il suo rapporto con la moglie e i figli non ha più niente in comune con la famiglia borghese; il lavoro industriale moderno, il moderno assoggettamento al capitale, identico in Inghilterra e in Francia, in America e in Germania, gli ha sottratto ogni carattere nazionale.
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