E infine anche tutto quel consesso degli Dèi dei poeti, così affollato che a stento può contenerlo l'Olimpo, pur vasto che sia.
12. Eppure sarebbe ben poco dovermi il seme e la fonte della vita, se non dimostrassi che quanto vi è di buono nella vita è anch'esso un mio dono. E che cos'è poi questa vita? e se le togli il piacere, si può ancora chiamarla vita? Avete applaudito! Lo sapevo bene, io, che nessuno di voi era così saggio, anzi così folle - no, è meglio dire saggio, da non andare d'accordo con me. Del resto neppure questi stoici disprezzano il piacere, anche se dissimulano con cura e se, di fronte alla gente, rovesciano sul piacere ingiurie sanguinose; in realtà solo per distogliere gli altri e goderne di più, loro stessi. Ditemi, per Giove, quale momento della vita non sarebbe triste, difficile, brutto, insipido, fastidioso, senza il piacere, e cioè senza un pizzico di follia? E di questo è degno testimone il non mai abbastanza lodato Sofocle con quelle sue splendide parole di elogio per me: "Dolcissima è la vita nella completa assenza di senno".
Ma è tempo di esaminare a parte tutta la questione.
13. E, tanto per cominciare, chi non sa che la prima età dell'uomo è per tutti di gran lunga la più lieta e gradevole? ma che cosa hanno i bambini per indurci a baciarli, ad abbracciarli, a vezzeggiarli tanto, sì che persino il nemico presta loro soccorso? Che cosa, se non la grazia che viene dalla mancanza di senno, quella grazia che la provvida natura s'industria d'infondere nei neonati perché con una sorta di piacevole compenso possano addolcire le fatiche di chi li alleva e conciliarsi la simpatia di chi deve proteggerli?
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Olimpo Giove Sofocle
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