Ma cosa sono poi, buon Dio, se non dei nomi? E quanto pochi saranno a conoscerli, se si pensa a quant'è grande il mondo; e meno ancora, poi, saranno a lodarli, perché anche gli ignoranti hanno gusti diversi. Che dite degli stessi nomi, non di rado fittizi e tratti dai libri degli antichi? Chi si compiace di chiamarsi Telemaco, chi Steleno o Laerte; chi Policrate e chi Trasimaco, tanto che ormai potremmo benissimo chiamarli camaleonte o zucca, oppure indicare i libri con le lettere dell'alfabeto, secondo l'uso dei filosofi.
Eppure più di tutto diverte vederli, sciocchi e ignoranti come sono, impegnati a scambiare con altri, sciocchi e ignoranti come loro, lettere e versi elogiativi, encomi. In questi scambi di lodi, chi diventa un Alceo e chi un Callimaco; chi è superiore a Cicerone e chi più dotto di Platone. A volte, per accrescere nella gara la loro fama, creano un avversario, e "il pubblico, incerto, non sa quale partito prendere", finché ne escono tutti vittoriosi e lasciano il campo da trionfatori.
I saggi ridono di queste cose come di solenni sciocchezze, e tali sono. Chi lo nega? Ma intanto, per merito mio, quelli se la godono e non scambierebbero i loro trionfi neppure con quelli degli Scipioni. Gli stessi dotti, del resto, mentre ridono divertendosi un mondo e godono della follia altrui, contraggono anch'essi con me un gran debito; né possono negarlo, se non sono proprio degl'ingrati.
51. Fra gli eruditi il primo posto spetta ai giureconsulti, e nessuno più di loro è soddisfatto di sé quando, impegnati in una fatica di Sisifo, formulano leggi a migliaia, non importa a qual proposito, e aggiungendo glosse a glosse, pareri a pareri, fanno in modo da presentare lo studio del diritto come il più difficile fra tutti.
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