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      Se veramente, come si trova in generale affermato, questo grande geometra visse intorno al 300 a. C., Archimede che, come narra Diodoro e confermano arabi scrittori, tra i quali Abulfaragio, visse lungamente in Egitto e vi formò la propria educazione, deve essere approdato ad Alessandria pochi anni dopo la morte dell'autore degli Elementi, e se non potè quindi esserne scolaro, fu, secondo ogni verisimiglianza, discepolo degli immediati discepoli di lui.
      Perchè, sebbene nulla sappiamo di sicuro circa il tempo al quale assegnare questo primo soggiorno del Nostro in Egitto, non si va tuttavia molto lungi dal vero assumendo ch'esso abbia avuto luogo verso la fine del regno di Tolomeo Filadelfo e sotto quello di Tolomeo Evergete, cioè intorno alla metà del terzo secolo avanti Cristo. Probo infatti afferma ch'egli fu scolaro dell'astronomo e matematico Conone da Samo, ricordato anche da Virgilio, che viveva al tempo del secondo e del terzo Tolomeo: anzi è ben noto che intorno all'anno 243 a. C., subito dopo il felice ritorno di Tolomeo Evergete dalla campagna intrapresa contro Seleuco II re di Siria, finse trasportata in cielo la capigliatura che la sorella e moglie del re s'era recisa per propiziargli gli Dei, e intitolò una costellazione col nome che ancora porta di «Chioma di Berenice».
      Di Conone, come pure di Dositeo, di Zeusippo e di Eratostene, è memoria, e per taluno di essi anco frequente, nelle introduzioni ad alcune fra le scritture di Archimede. Del primo egli fu verisimilmente, come s'è detto, scolaro e rimase poi sempre svisceratissimo: di lui deplora la morte dichiarandolo il solo dei suoi amici che ancora gli fosse rimasto, e tessendone l'elogio come di tale che nelle matematiche era dotato di mirabile sagacia: a proposito di un'altra delle sue scritture egli rimpiange di non averla resa di pubblica ragione durante la vita di Conone, perchè questi sarebbe stato in grado di darne giusto giudizio, e finalmente in altra occasione, accennando ad alcuni teoremi che gli aveva per lo addietro mandati, testualmente scrive: «Conone morì senza aver avuto il tempo di trovarne le dimostrazioni ed ha lasciati questi teoremi nella loro oscurità, ma se egli fosse vissuto le avrebbe indubbiamente trovate e con questa scoperta ed altre molte avrebbe allargato il campo delle cognizioni geometriche». E finchè Conone visse, Archimede gli fece sempre parte dei suoi lavori, anzi, siccome nessuno di questi è intitolato allo studioso per il quale professava così alta stima, è lecito presumere che soltanto in età avanzata egli siasi deciso a dar forma di trattati alle scoperte che veniva via via facendo nel corso dei suoi studii.


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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma
1923 pagine 63

   





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