L'estremità inferiore del cilindro peschi nell'acqua da una certa profondità per poterla attingere, e la superiore sia munita d'una ruota o d'una manovella per far girare la vite intorno al proprio asse. Ora, per comprendere come avvenga quello che trovasi così chiaramente enunciato da Galileo, cioè che l'acqua sale nella vite, perchè ad ogni istante discende in essa per effetto del proprio peso, la qual cosa potrebbe a prima giunta sembrare un paradosso, supponiamo dapprima la vite perpendicolare alla superficie dell'acqua: allora tutti i suoi passi, cioè, per così dire, le pieghe del canale, rappresentano dei piani inclinati, e se, in questa posizione verticale, la vite girando intorno al proprio asse, facesse montare l'acqua lungo il canale questa salirebbe veramente per un piano inclinato; ma in questa posizione verticale la vite non farà mai salire l'acqua, qualunque sia il movimento che le viene impresso. Ma se si inclina la vite, in modo che il primo passo di essa formi un angolo con la superficie dell'acqua e sotto di questa, allora l'acqua entra nel canale cadendo lungo il primo passo, e se si fa girare la vite, il secondo passo si presenta all'acqua rinchiusa nel primo come questo si era presentato esso stesso alla superficie dell'acqua, e, per conseguenza quest'acqua racchiusa nel primo dovrà cadere lungo il secondo, e così di seguito per i passi successivi, finchè l'acqua uscirà dalla parte superiore del canale. Vitruvio lasciò scritto che «l'inclinazione del capo sollevato sarà tale quale richiede la proporzione del triangolo rettangolo di Pitagora», vale a dire del tipo che gli Egiziani chiamavano il più bello, nel quale cioè i cateti hanno per lunghezza 3 e 4 e l'ipotenusa 5; e Galileo prescrive: «la vite per alzar l'acqua deve esser inclinata un poco più della quantità dell'angolo del triangolo, col quale si descrisse essa vite».
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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma 1923
pagine 63 |
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