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      Preoccupato Archimede della soluzione del grave problema, egli vi pensava di continuo, finchè un giorno entrando nel bagno ed osservando che quanto più era del suo corpo dentro all'acqua tanto maggiore quantità ne usciva dalla tinozza, parvegli che in ciò appunto si contenessero gli elementi della soluzione che andava cercando, per la qual cosa pieno d'allegrezza uscì dal bagno e così tutto nudo com'era corse a casa gridando per le vie ??????, ??????.
      Fin qui la leggenda; veniamo ora ai commenti di Vitruvio. Narra questo scrittore che Archimede «fece due masse, una d'oro e l'altra d'argento, tutte due dello stesso peso di che era la corona. E avendo così fatto, riempì d'acqua un gran vaso fino al sommo, e poi vi pose dentro quella massa d'argento, di cui quanta grandezza fu immersa nel vaso, tant'acqua del vaso uscì fuori. Cavata di poi dal vaso quella massa, tanta acqua vi ripose dentro, quanta n'era uscita fuori per riempire quel vaso insino al sommo, come prima. Così ritrovò sottilmente, quanta misura di acqua rispondeva ad una certa misura d'argento avendo fatto di ciò sottil prova; allora, posta l'altra massa dell'oro parimente nel vaso pieno, e trattala poi fuori aggiungendovi l'acqua con la medesima misura e ragione, ritrovò chiaramente come non era uscita sì gran somma d'acqua, ma tanto meno n'era uscita, quanto minor corpo ingombra una massa d'oro, che una d'argento del medesimo peso. Ripieno di poi quel vaso, e posta nell'acqua quell'istessa corona, ritrovò che più acqua usciva fuor per conto della corona, che per la massa d'oro di peso uguale.


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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma
1923 pagine 63

   





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