La scoperta in seguito da lui fatta del testo greco quasi completo di tale scrittura lo avrà messo in grado di apprezzare il valore della sua divinazione.
Due sole ipotesi pone Archimede a fondamento del suo trattato, cioè che in ogni liquido la parte meno compressa cede a quella che lo è maggiormente e che ogni parte è premuta dalle circostanti; l'altra dice che la spinta verso l'alto ricevuta da un solido immerso in un liquido ha come linea d'azione la verticale passante per il centro di gravità del solido. Premette poi due proposizioni dalle quali risulta dimostrato che la superficie di livello d'un liquido stagnante appartiene ad una sfera concentrica alla terra, di dove risulta immediatamente il fatto ingiustamente disconosciuto più tardi, e soltanto quasi ai nostri giorni confermato, cioè che su tutti i punti della terra il livello del mare è lo stesso, vale a dire dista ugualmente dal centro. Stabilite poi le condizioni d'equilibrio d'un solido immerso in un liquido, in capo alle quali è formulata in termini espliciti, e tali da non lasciare dubbio alcuno, la nozione del peso specifico, del quale nessuno prima di lui aveva avuta la minima idea, Archimede dimostra che se si immerge un solido in un liquido più pesante, esso tenderà ad uscirne con uno slancio proporzionale alla differenza di densità dei due corpi, ed arriva finalmente a quella proposizione nella quale consiste il cosiddetto «principio d'Archimede», e che testualmente dice: «Un corpo più pesante del liquido nel quale lo si immerge, discenderà al fondo, ed il suo peso, nel liquido, diminuirà d'una quantità misurata da ciò che pesa un volume di liquido uguale a quello del corpo».
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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma 1923
pagine 63 |
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