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      IV.
     
      Ma forse ancor più che della soluzione data da Archimede al problema della corona rimasero gli antichi ammirati di quella Sfera, nella quale avrebbe così esattamente imitati i moti celesti, e che da alcuni, e fra gli altri da Cicerone, fu tenuta per più meravigliosa della natura istessa.
      Secondo quanto riferiscono alcuni che la videro, ed in Roma rimase ed a lungo, portata come trofeo di guerra da Marcello e collocata nel tempio della Virtù, pare che in essa fossero rappresentati i moti del sole, della luna e dei cinque pianeti; vi appariva pure la formazione delle ecclissi, e, ciò che sembra meno credibile, ma che è affermato dal Linceo Mirabella non sappiamo bene su qual fondamento, perfino certi fenomeni atmosferici, come il tuono ed i fulmini. Intorno ad essa ci informa anche un epigramma di Claudiano, secondo il quale la Sfera sarebbe stata di vetro, mentre Lattanzio Firmiano aveva scritto ch'era di rame, e questa disparità, non osiamo dire di opinione, diede luogo a molte discussioni, chè secondo alcuni non si sarebbe trattato di una unica sfera, ma di due, delle quali una di rame e l'altra di vetro, e secondo altri d'una sfera sola, internamente di rame ed esternamente di vetro. A due sfere distinte sembra del resto accennare anche Cicerone, una delle quali sarebbe stata solida, cioè piena, ed avrebbe costituito null'altro che un globo celeste.
      Si discusse anche se questa di Archimede fosse la prima sfera celeste, od in altre parole se egli ne sia stato il costruttore primo: ora parrebbe per verità che di tali si avessero già prima di lui; i primi principii delle rappresentazioni in globi celesti e terrestri si ravvisano anzi nelle colonne del tempio di Salomone, nell'anello di Osimandia di Tebe e nello stesso scudo di Achille; e sfere e globi propriamente detti si fanno risalire al mitico Atlante, e della invenzione dei celesti è fatto onore a Talete, ad Anassimandro Milesio, sebbene con tarde testimonianze; ma non pare che in essi venissero, come in questo di Archimede, raffigurati con arte meccanica i moti celesti nei loro rapporti con la terra.


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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma
1923 pagine 63

   





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