Senza entrare qui in minuti particolari che non sarebbero consentiti dall'indole di questo scritto, basti il dire che l'ultimo numero d'un primo periodo di numerazione sarebbe rappresentato nel sistema nostro dalla unità seguìta da ottocento milioni di zeri, e che questo è chiamato a costituire la unità dei primi numeri d'un secondo periodo del quale l'ultimo numero verrebbe ad essere la unità dei secondi numeri del secondo periodo, e così procede fino ad una cifra che nel nostro sistema sarebbe rappresentata dall'unità seguìta da ottantamila milioni di milioni di zeri: e qui Archimede si arresta, ma il sistema da lui ideato potrebbe essere spinto ulteriormente senza alcun limite.
Ma non v'era bisogna di procedere tant'oltre per rappresentare il numero dei grani di arena contenuti nel mondo.
Preso un volume di arena non maggiore d'un seme di papavero e supposto che il numero di grani in esso contenuto non sia maggiore di diecimila, e che inoltre il diametro del seme non sia minore della quarentesima parte della larghezza d'un dito, supposto inoltre che il diametro del mondo sia minore di diecimila diametri terrestri e che finalmente il diametro terrestre sia minore d'un milione di stadii, trova Archimede un numero che oltrepassa quello dei grani di arena di una sfera uguale a quella del mondo rappresentato da una cifra che è ancora compresa nel primo periodo della sua numerazione e che oggidì diremmo il cinquantesimo termine d'una progressione decupla crescente: e che il sessantesimoterzo termine della stessa rappresenterebbe un numero superiore a quello dei grani di arena contenuti in una sfera concentrica alla terra e che arrivasse a comprendere le stelle fisse.
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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma 1923
pagine 63 |
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