L'ordine cronologico, dal quale non si dovrebbe mai dipartirsi, porta a considerare gli scritti d'Archimede in una successione alquanto diversa da quella nella quale ci vengono offerti dai codici degni di maggior fede che ce li tramandarono, e poichè sull'Arenario e sui Galleggianti noi ci siamo già intrattenuti, considereremo brevissimamente gli altri nell'ordine seguìto dall'Heiberg nella sua, possiamo ormai ben dire celebre edizione; cioè: due libri della sfera e del cilindro; la misura del cerchio; dei conoidi e degli sferoidi; delle linee spirali; due libri dell'equilibrio dei piani ossia dei loro centri di gravità, tra l'uno e l'altro dei quali trova posto la quadratura della parabola; il libro dei lemmi, e finalmente il cosiddetto problema bovino. E qui ci giova subito avvertire che, ancora nel sesto secolo dopo Cristo, di Archimede non sembra fossero generalmente noti altro che i libri della sfera e del cilindro, la misura del cerchio ed i libri dell'equilibrio dei piani, intorno alle quali tre opere Eutocio scrisse dei commentarii che sono giunti insino a noi. Ed in queste, come nelle altre opere d'indole speculativa delle quali si è parlato, riponeva Archimede la sua maggiore compiacenza, e tutto il rimanente, al dire di Plutarco, considerava come giuochi ed accessorii della sua geometria, conforme del resto all'opinione a que' tempi comune ai filosofi, che la mente umana si contaminasse nell'attendere a cose terrestri e materiali.
Fra tutti i suoi lavori pare che egli abbia tenuto in maggior pregio i due libri della sfera e del cilindro, anche perchè il rapporto tra il cerchio, la sfera ed il cilindro, al quale in essi pervenne, è sinteticamente rappresentato nella figura che, a quanto vien riferito, volle scolpita sulla sua tomba e, come vedremo a suo luogo, servì a riconoscerla dopo che se n'era perduta la traccia.
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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma 1923
pagine 63 |
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