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      Tra i postulati premessi è quello famoso della retta più breve distanza tra due punti, il quale fu erroneamente scambiato per una definizione, ed a cui in certo modo corrisponde quello relativo al piano: altri si riferiscono alla concavità di linee e di superficie e servono a confrontare respettivamente le lunghezze e le aree di linee e superficie contermini, e finalmente vi si trova il celebre assioma che porta il suo nome, benchè Eudosso se ne fosse già servito prima di lui.
      Nella lettera, se così può chiamarsi, con la quale la scrittura è dall'autore indirizzata a Dositeo, annuncia egli trattarsi della dimostrazione di queste tre nuove proposizioni, cioè che la superficie della sfera è uguale al quadruplo del suo cerchio massimo; che la superficie di qualsivoglia segmento sferico è uguale ad un cerchio il cui raggio uguaglia la retta condotta dal vertice del segmento al cerchio base d'esso; e che il cilindro avente per base il cerchio massimo della sfera e per altezza il diametro di esso, o in altre parole il cilindro circoscritto alla sfera, è una volta e mezza la sfera, e che le loro superficie hanno la medesima proporzione. Non sono questi però i soli risultati ai quali perviene nel primo libro, e le proposizioni con le quali li dimostra sono di capitale importanza sia per gli artifizii usati nel dedurli, che per le conseguenze delle deduzioni.
      Delle questioni trattate nel secondo libro, l'argomento del quale è strettamente connesso con quello del primo, ci terremo ad accennare al problema di dividere una sfera con un piano in due segmenti aventi fra loro un dato rapporto, problema la cui soluzione dipende da una equazione del terzo grado; ma disgraziatamente egli la rimanda «in fine», e questo non era noto nemmeno ai tempi di Diocle e di Dionisiodoro: Eutocio credette d'averla trovata, ma ad ogni modo noi non sappiamo con tutta sicurezza in qual modo Archimede risolvesse il problema, o quale fosse in generale la soluzione da lui data ai problemi cubici.


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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma
1923 pagine 63

   





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