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      È questo l'ephodion menzionato da Suida ed al quale Teodosio da Tripoli avrebbe scritto un commentario: il Rivault opinò che Archimede vi avesse descritto il suo viaggio in Egitto; il Tannery che vi si trattasse delle corde del cerchio, lo Schmidt che tale fosse il vero titolo della quadratura della parabola, e poichè la greca parola significa «avviamento» e fu adoperata nel senso di «metodo» dopo Aristotele, che vi fosse trattato del metodo di esaustione, od almeno che fosse il titolo di un maggior lavoro del quale giunse a noi soltanto la quadratura della parabola. Ma il più competente fra tutti gli studiosi di cose Archimedee, l'Heiberg, appoggiandosi appunto sul significato della parola, opinò vi fosse trattato del metodo nelle matematiche, e la sua può ben dirsi essere stata una divinazione; e fu premio condegno alle sue fatiche la grande scoperta che or son pochi anni mise a rumore la scarsa ma eletta schiera di studiosi che attendono a ricerche sulla storia delle matematiche.
      Nel 1907 infatti l'Heiberg annunziava che, durante l'estate precedente, in Costantinopoli, e precisamente nel metochion del monastero del Santo Sepolcro di Gerusalemme, egli aveva potuto esaminare un manoscritto che, sotto un Euchologion del decimoterzo secolo conteneva scritti di Archimede in un bel minuscolo del decimo secolo, ed aveva riconosciuto, oltre a quelli dei quali abbiamo già per incidenza fatto cenno, l'ephodion, cioè, per riferirne il titolo completo, «Metodo dei teoremi meccanici di Archimede ad Eratostene».


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Archimede
di Antonio Favaro
Formiggini Editore Roma
1923 pagine 63

   





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