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      Alla celebrazione della vittoria non mancano i cantici: odi e canzoni italiane, dialettali e latine. Il procaccia che reca a Firenze le lettere di Padova è al suo arrivo assalito, e gli amici di Galileo vengono ovunque assediati per aver più esatte e complete notizie dei fatti il cui annunzio aveva così fortemente commossi gli animi. Tommaso Campanella dal carcere di Castel dell'Uovo scrive: "dopo il tuo Nunzio, o Galileo, tutto lo scibile dovrà rinnovarsi" ed il Keplero, dapprima esitante, verificata la esistenza dei Satelliti di Giove, non può trattenere uno slancio d'entusiasmo, e ripetendo l'estremo grido dell'apostata, esclama: Vicisti Galilaee! Galileo, hai vinto!
     
      V.
     
      Ma non meno gravi delle scientifiche furono le conseguenze che per l'avvenire di Galileo trassero seco le sue grandi scoperte celesti. I legami che egli si studiò costantemente di mantenere con la Corte di Toscana permettono di supporre che, quantunque costretto ad abbandonare la patria per procurarsi altrove onorevole collocamento, egli non avesse mai deposto del tutto la speranza di farvi ritorno definitivo. Già fin dal 1601 noi troviamo accennarsi come a cosa convenuta ch'egli avrebbe dovuto imprendere nel tempo delle vacanze la educazione matematica del principe ereditario di Toscana, appena questi fosse pervenuto all'età capace di simili studi. La qual cosa seguì infatti, ed al principe Cosimo dedicò il Compasso geometrico e militare quando egli lo fece di pubblica ragione: nell'animo di lui cercava il nostro filosofo di insinuarsi in ogni modo, ed a lui quindicenne si rivolgeva per essere raccomandato ad autorevoli patrizi veneti e gli scriveva che anteporrebbe "il giogo suo a quello di ogni altro signore"; a lui, salito sul trono, dedicava finalmente il Sidereus Nuncius, ed alla glorificazione di Casa Medici i Satelliti di Giove.


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Galielo Galilei
di Antonio Favaro
Bietti Milano
1939 pagine 58

   





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