Nel breve volgere d'una settimana il processo è esaurito. Addì 19 febbraio infatti è data comunicazione a ciascun teologo del Sant'Uffizio della proposizione da censurarsi; il 23 successivo si tiene congregazione per qualificarla, ed all'indomani undici teologi rispondono unanimi: 1) essere stolta ed assurda in filosofia e formalmente eretica la proposizione che il sole sia nel centro del mondo e per conseguenza immobile di moto locale; 2) essere passibile della stessa censura in filosofia, ed almeno erroneo nella fede, avuto riguardo alla verità teologica, la proposizione che la terra non è centro del mondo ed immobile, ma si muove secondo sè tutta, etiam di moto diurno.
Tre giorni dopo, d'ordine del Pontefice, Galileo è chiamato dal cardinale Bellarmino, e quivi alla presenza del Commissario del Sant'Uffizio e di testimoni, gli viene ingiunto che lasci del tutto la condannata opinione, e che in maniera alcuna più non la tenga, insegni e difenda, nè in iscritto nè a voce, altrimenti si sarebbe proceduto contro di lui nel Sant'Uffizio.
Galileo promise di ubbidire.
Pochi giorni appresso usciva il decreto della Congregazione dell'Indice che proibiva fino a correzione i libri del Copernico e di Diego da Zuniga, ed in modo assoluto quello del padre Paolo Antonio Foscarini.
Appena seguita l'ammonizione, l'ambasciatore toscano Guicciardini mandava al Granduca un rapporto ostilissimo a Galileo, insinuando come esso stesso doveva chiamarsi in colpa dell'accaduto, e facendo vedere i pericoli che ne sarebbero derivati, se il cardinale Carlo de' Medici, del quale si aspettava la venuta a Roma, si fosse lasciato compromettere per favorire l'ammonito filosofo.
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