Sicchè, cogliendo la occasione del passaggio per Venezia d'uno degli Elzeviri, a spese dei quali era stata già pubblicata una traduzione latina dello sfortunato Dialogo e data per la prima volta alle stampe la lettera a Madama Cristina, il Micanzio gli consegnò quella parte di originale dei nuovi dialoghi che si trovava ad avere presso di sè, affinchè li portasse seco e ne imprendesse la stampa in Leida: poco appresso gliene mandava il compimento, e la stampa, subito incominciata, fu compiuta nel luglio 1638 e comparve con una dedicatoria di Galileo al conte di Noailles, dove egli, per evitarsi altre "mortificazioni" da Roma, fingeva che l'opera fosse stata stampata a sua insaputa.
Ma se a Roma si lasciò passare inavvertita la pubblicazione dei Dialoghi delle Nuove Scienze, non si prestò certamente fede alla finta soperchieria della quale Galileo volle far credere d'essere stata vittima; e dallo stamparsi quest'opera in terra di eretici si trasse forse argomento per giustificare la strettezza nella quale, ad onta di tante interposizioni, lo si teneva, quando si allegò che questo si faceva per meglio sorvegliarlo ed impedire che da Arcetri si allontanasse per andare ad offrire i suoi servigi ai nemici della religione ed in luoghi dove avrebbe potuto avere piena libertà di pensiero e di parola. E quando ciò si affermava, erano forse giunte al Sant'Uffizio le voci delle pratiche che in Olanda erano state fatte per chiamare Galileo ad una cattedra la quale per lui si sarebbe istituita nell'Università di Amsterdam.
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