Esso lasciasi invadere dall'agente, non è più quello che era, diminuisce, aumenta, si áltera, si trasforma; e la sua trasformazione non può essere dedotta nè dalla sua essenza, nè dall'essenza di un oggetto che gli è estraneo.
Se due corpi sono distinti, se la loro distinzione è logicamente accettata, non possono più esercitare alcuna influenza l'uno sull'altro. Se io sono separato dagli oggetti che mi circondano, il mio occhio non può vederli, la mia mano non può toccarli. Viceversa, se è logicamente stabilito che io li vedo, che li tocco, che essi sono in rapporto con me, se è riconosciuto che le cose influiscano le une sulle altre, la logica esige che siano in comunicazione tra esse, e la comunicazione richiede che esse formino una sola e medesima cosa, e che la distinzione delle cose sia considerata come un'illusione. O la distinzione dei corpi, o i rapporti tra i corpi; ecco il dilemma.
Volgarmente si crede che per mezzo del contatto la contraddizione sparisca e che il contatto, termine medio tra la separazione e la comunicazione, valga a conciliare i rapporti colla distinzione delle cose. Illusione! Nel contatto i corpi rimangono gli uni fuori degli altri, isolati, esterni, stranieri gli uni agli altri come grani di sabbia; mentre, al contrario, nel rapporto i corpi si collegano, s'identificano, aderiscono gli uni agli altri. D'altronde, il contatto non è punto necessario al rapporto: due ferri calamitati si attraggono prima di toccarsi, i mondi gravitano gli uni verso gli altri a distanze incommensurate.
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