Se un oggetto fosse nel tempo stesso motore e mobile, esso avrebbe in sč due parti distinte, la parte che dą il moto e quella che lo riceve; esso avrebbe in sč un motore ed un mobile, l'uno immobile, l'altro in moto; il primo respingerebbe il secondo con tutta la forza della logica, non potendo identificarsi con esso senza costituirsi nel tempo istesso immobile ed in moto. Istessamente se la parte motrice fosse alla sua volta mobile, dovrebbe essa pure contenere un nuovo motore, il quale, ancora per ipotesi essendo mobile, dovrebbe contenerne un altro che bisognerebbe cercare progredendo all'infinito, finchč lo si trovasse immobile e assolutamente al di fuori della natura. Ne consegue che ammesse la mobilitą, la passivitą della materia, la logica rende impossibile l'attivitą delle cose, nega le mille potenze che animano gli oggetti della natura, distrugge le qualitą secondarie eternamente creatrici di esseri sempre nuovi.
Si dirą: «perchč non uscire dalla contraddizione trasportando «in Dio il principio d'ogni moto?» per mille ragioni, tra le altre perchč la forza motrice č dappertutto nella natura. Io la vedo nelle qualitą secondarie, in ogni proprietą; nelle affinitą delle molecole, nella gravitazione dei mondi. Per voi i cieli e la terra celebrano la gloria di Dio; per me i cieli e la terra sono altrettante divinitą: per voi le forze motrici non son che mobili, suppongono un motore trasmondano, e non sono motrici che per una nostra illusione; ma prima di lasciare la terra per trasportarmi in una regione trasmondana, io voglio e devo guardare al punto di partenza.
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Dio Dio
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