San Tomaso direbbe che è indivisibile, e la materia è misurata; Spinoza direbbe che è naturante, e la natura è naturata. Dunque dal principio della figura alla figura non vi ha passaggio matematico; tra i due termini vi ha solo la distanza della contraddizione. E qui ancora, se il principio figurativo è reale, la figura è un'illusione; se la figura è reale, l'illusione è nel principio figurativo. Dov'è la verità? dove l'illusione? Non possiamo rispondere, non possiamo ricorrere allo espediente di accusar d'errore l'uno de' due termini del dilemma: perchè, vero o falso, il termine accusato non cesserebbe di esistere; se non si spiega come vero, bisogna spiegarlo come falso, come errore: e la spiegazione costerebbe alla logica quanto la sua vera e reale creazione. Volete dedurre l'illusione della figura dal principio figurativo? conviene che il principio si smentisca per dare l'illusione del suo contrario; volete dedurre il principio figurativo dalla figura? convien che la figura si smentisca, e sempre per dare l'illusione di ciò che la distrugge. Non v'ha uscita: la contraddizione sarà eterna.
Così, secondo le qualità primarie, il mondo di Mosè, di Gesù Cristo e di Maometto è lo stesso, ha variato solo per la disposizione delle parti, e vi ha equazione perfetta fra le tre età. Secondo le qualità secondarie, le tre epoche non sono equivalenti e si sono sviluppate dando una triplice mentita all'impenetrabilità, alla mobilità, all'estensione ed alla figura della materia. Una stessa identica materia è adunque penetrabile e impenetrabile, mobile e senza moto, estesa e inestesa, figurata e senza figura: ciò ripugna alla ragione, ma è.
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