La prima volta che la filosofia si innalzava, col genio di Platone, nel cielo dei generi, fu creduto che i destini della scienza fossero assicurati per sempre, e che i principi del mondo sensibile sarebbero tolti alle contraddizioni che li straziano. Il giorno dopo, Aristotele applicò la logica ai generi, e mostrò che raddoppiavano tutte le contraddizioni.
Per mettere un termine alla contraddizione fu imaginato di negare i generi e di considerarli come semplici illusioni del nostro spirito. Ma il tentativo è inutile: lo ripetiamo, il genere è dato nello stesso tempo che l'individuo e i due termini devono essere accettati o negati nel tempo stesso. Ammettiamo noi che ci sia dato di considerare l'uno o l'altro dei termini siccome erroneo; quale di essi sarà il vero? L'individuo? allora ogni genere sarà un errore, il più alto de' generi, l'essere, sarà il più grande degli errori: allora ciò che sarà più lungi dall'essere sarà ciò che esiste di più, vi saranno soli individui; saranno e non si potrà più dire che sono: non si potrà più ragionare di ciò che esiste o non esiste: l'essere, il non-essere non avendo più senso, la realtà dello stesso individuo cadrà nel nulla. Vogliamo noi preferire il genere come vero, accusando l'individuo d'essere un'illusione? la realtà sarà in ciò che v'ha di più vago, di più indeterminato; l'individuo sarà eguale al nulla; bisognerà non essere nè uomo, nè animale, nè albero; bisognerà sparire per godere la pienezza dell'esistenza. Ecco il dilemma che si offre quando si pretende stabilire un'alternativa fra il genere e l'individuo; dilemma falso, perchè due fatti simultanei devono essere egualmente accettati; dilemma senza uscita, perchè ci manca il motivo per la scelta.
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Platone Aristotele
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