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      Da ciņ nacque la nozione dello spirito, la chimera de' psicologi, i quali per ispiegare l'unitą dell'anima dimenticano la pluralitą della materia, per cui l'io restņ fuori della materia senza relazione colle cose, senza poter agire, nč soffrire, nč sostenere alcuna influenza materiale. Berkeley e Leibniz credettero miglior partito negare il corpo che perdere l'anima: altri con egual ragione preferirono di perdere l'anima piuttosto che di vedersi espulsi dal mondo. Le due scuole hanno ragione, sendo noi costituiti dalla contraddizione.
      In generale la psicologia si riduce a sostituire alle cose le percezioni, agli oggetti i giudizi, alle qualitą le sensazioni, ai generi le idee, allo spazio l'idea dello spazio, al tempo l'idea del tempo, alla causa l'idea della causa, alla sostanza l'idea della sostanza. Che cosa guadagnamo noi con questo scambio? Si guadagna d'intervertire tutti i problemi. Platone suppone nel Politico che l'universo, dopo esaurite le sue evoluzioni, ritorni sopra di sč: vedonsi le stagioni succedersi a ritroso, gli esseri cominciano colla morte, poi svaniscono nella loro propria origine: l'uomo nasce decrepito, ingiovanisce, e cessa nell'infanzia; gli animali, gli alberi, la vegetazione cominciano sviluppati, impiccoliscono invecchiando, e scompaiono noi loro propri germi. Tutto procede a rovescio, finchč il moto delle sfere non č interamente esausto. La psicologia realizza letteralmente il mito di Platone; essa ci mostra il mondo in noi stessi, gli oggetti nei nostri pensieri, i generi nelle nostre idee.


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693

   





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