Dove sarà dunque l'asilo della verità? Nel giudizio? nel raziocinio? ma le sono facoltà vuote, serve de' nostri sensi, delle nostre abitudini, delle nostre passioni, di ogni nostro pregiudizio. Formalmente il Bramino, il Cattolico ragionano come noi: se la verità dipendesse dal raziocinio, essa regnerebbe sulla terra fin dall'origine del mondo. Abbandonati da tutte le nostre facoltà ad una fallibilità universale, non possiamo toccare la terra promessa della verità; posto il dato dell'errore, la logica ci vieta di uscirne.
Accordiamo invece alla logica il dato della verità. Evidentemente, se arriviamo alla verità, se le nostre facoltà, la nostra ragione, le nostre forze, se il giudizio, la memoria, l'imaginazione non c'ingannano, ne risulterà di primo tratto che siamo infallibili. L'errore riesce inesplicabile. Descartes cadde completamente in questo tranello filosofico. A forza di cercare l'assoluto si persuase di averlo trovato e scopriva un Dio così benevolo, così gentile, che non poteva supporre in lui la scortesia di volerci ingannare dotandoci di facoltà erronee. Prima della sua scoperta egli era tormentato dall'errore; ma dopo fu peggio, perchè fu tormentato della verità; egli non seppe più come spiegare le nostre illusioni, e le imputò alla volontà, che ne è innocente.
A parte Descartes e il suo Dio; se tutte le nostre facoltà sono infallibili, l'errore deve risultare da una combinazione delle nostre facoltà, che innocentemente si ingannerebbero a vicenda. Quest'ipotesi non è che un fatto, atteso che ci è facile di giustificare le nostre facoltà, e di mostrare che nessuna isolatamente può traviarci.
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