La sensazione, l'analogia, gli interessi, le passioni non possono illuderci? Esse non giudicano, esse rinviano al giudizio la responsabilità dell'errore. Il giudizio poi non può errare: esso dipende dai dati che lo dominano; deve affermare i fenomeni che gli sono presentati dalle altre facoltà. Se le facoltà cospirano per dare una combinazione insidiosa, perchè accuseremo la ragione? Essa va dove è spinta dalle nostre facoltà; il giudizio è in balia de' fenomeni, l'induzione è serva dei fatti, le deduzione è schiava delle premesse; l'intelligenza dell'uomo è sempre infallibile, le altre facoltà sono innocenti, e l'errore è una disposizione di fenomeni, dove tutti gli elementi sono veri, mentre il risultato c'inganna. Questa, secondo me, è l'origine naturale dell'errore. Vogliasi ammetterla o rigettarla, qui poco importa; io la propongo come mera ipotesi per istabilire che, secondo la natura, il falso può essere un falso risultamento delle nostre facoltà, tutte infallibili. Ma la logica ci impedisce di imputare l'errore ad una combinazione di facoltà infallibili. Aggiungendo il vero al vero non ne può risultare che il vero, nè si potrebbe comprendere come due o più testimoni infallibili potrebbero deporre il falso. Ecco dunque l'impossibilità dell'errore dal momento che si ammette la verità.
Abbiamo supposto dapprima che tutte le nostre facoltà sono fallibili, in seguito, che tutte le nostre facoltà sono infallibili; ci resta a imaginare che alcune facoltà siano infallibili, mentre le altre c'ingannano.
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