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      Allorchè dunque si spiega il mondo come un errore, vien riguardato come l'allucinazione dell'io, come il sogno del pensiero; ma non viene distrutto, non iscompare punto: ci limitiamo a considerarlo quale alterazione speciale, strana del pensiero che si raddoppia, presentando una nuova apparenza, per cui vediamo i nostri giudizi afferrar le cose, poi le cose stesse afferrate e illusoriamente disgiunte dall'io che le afferma. Ma questo raddoppiamento, questa alterazione sono vere contraddizioni logiche; lungi dallo spiegare il fenomeno, non possono essere spiegate. I nostri pensieri non possono diventare ciò che non sono, nè raddoppiarsi nell'errore del non-io, nè darci l'apparenza di ciò che non esiste. Se vuolsi credere che si alterino o che sognino, per così dire, un mondo, perchè non supporre altresì, che si alterino per fare realmente gli oggetti? Ammessa l'alterazione, non ci pesa più il crederci visionari che il crederci creatori, e non è maggior meraviglia in logica il vedere i pensieri trasformati in errori per darci l'apparenza dei corpi, che il vedere i nostri pensieri occupare realmente le tre dimensioni dello spazio, farsi solidi, diventar corpi e mettersi in moto. Finalmente, lo ripeto, il processo equivoco dell'errore può essere egualmente usurpato dalla fisica, che ha il diritto di intervertire l'ipotesi psicologica e di negare l'io come se fosse un sogno della natura. Ma se la natura si contraddice fino ad alterarsi, se si áltera fino ad opporsi a sè stessa nell'io, perchè non supporre che giunga nel pensiero a separarsi da sè stessa, divenendo l'io in realtà e non per errore?


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Filosofia della rivoluzione
di Giuseppe Ferrari
1851 pagine 693